“Riconoscersi sulla soglia dell’educativo”
… o sulla soglia della pazzia!, come è stato condiviso all’interno di uno dei Gruppi di Dialogo, formato da operatori del settore consapevoli che oggi educare richieda capacità di buttarsi, rischiare, cambiare prospettiva confrontandosi con una fluidità che va accolta, con sapienza, abitando il dubbio e l’incertezza, scorgendoli come sfide, occasioni generatrici di novità e creatività.
E tutto questo perché educare è cosa del cuore, è passione per l’uomo, è un dinamismo che coinvolge, o meglio dovrebbe coinvolgere, la persona fin nel profondo. Ecco perché chi educa si lascia provocare, è sensibile ad ogni appello che lo scuote e lo invita a lavorare su di sé, a ridefinirsi continuamente, a interrogarsi, mettersi in discussione, lasciandosi trasformare dalla relazione educativa stessa.
Dopo aver ascoltato le interessanti e dense relazioni della Prof.ssa Chiara Giaccardi, del Dott. Francesco Ghirelli e di Mons. Armando Matteo, i 250 partecipanti al Simposio provenienti da ogni regione d’Italia, riuniti in vari gruppi, hanno potuto condividere il loro entusiasmo, le loro gioie, ciò che motiva in radice il loro stare “sulla soglia dell’educativo”, rendendosi conto di come in questo tipo di lavoro, la propria storia personale, esattamente così com’è con le sue imperfezioni e fatiche, sia una ricchezza, una miniera a cui sempre poter attingere per poter incontrare l’altro nella sua fragilità, prendendosene cura, con tenerezza, instaurando una relazione calda, di fiducia affinché il giovane possa sperimentare ascolto, accoglienza, non giudizio ma empatia… In una parola, che detta uno stile, si tratta di prossimità, per riprendere un linguaggio caro a Papa Francesco, una prossimità che vede l’educatore “tra”, “con”, dentro la vita del giovane, abitando le sue fatiche e i suoi contesti, ricchi spesso di problematiche complesse. Allora educare diventa una missione, una vocazione per cui dare la vita, ascoltando il desiderio profondo di ogni giovane, la sua fame d’affetto, i suoi sogni di Bene, i suoi conflitti, ogni frammento della sua storia che cerca uno spazio. Educare è ascoltare la propria e altrui sete di senso e mettersi insieme alla ricerca.
All’interno dei Gruppi di Dialogo i partecipanti hanno potuto condividere le proprie esperienze personali e professionali, offrendo vari spunti innovativi su come stanno portando avanti l’avventura dell’educativo nelle loro specifiche realtà. Alcuni nuclei tematici sono ritornati spesso nelle condivisioni, a testimonianza del fatto che vi è un’interessante sintonia di pensiero. È indubbio che per innovare occorra anzitutto saper discernere, con riflessività e attenzione. Inoltre, per poter educare oggi è importante accompagnare il cambiamento e, insieme, i processi; ecco un’altra parola chiave su cui il cammino dei Simposi e della Fondazione in primis crede molto: aprire ed avviare processi, mettere in moto sinergie ed energie per promuovere l’umano, la fraternità, l’amicizia sociale, l’alleanza educativa, la rete fra gli attori della società, affinché l’umanità tutta possa trasformarsi in una grande comunità educante in cui ognuno, nella sua originalità e irripetibilità, è prezioso e diventa il tassello di un mosaico le cui tessere sono unite e cementate dall’amore fraterno, responsabile e proattivo.
Un interrogativo che accompagna, come fil rouge, questi Simposi è inoltre il modo in cui poter camminare insieme verso il Giubileo del 2025. È stato stimolante constatare in tutti i partecipanti il desiderio e la volontà di fare rete, la sete di trovare momenti di incontro e scambio, conoscenza e confronto, per poter progettare insieme a vari livelli, sullo sfondo di un orizzonte educativo comune. C’è in ogni realtà la voglia di mettersi insieme per creare qualcosa di nuovo, per diffondere nella società un Amore, che è in germe, e già muove i primi respiri.
Al termine della giornata, ammirando la Bellezza della Basilica di S. Pietro a porte chiuse, nell’ora del tramonto, con stupore si poteva scorgere negli occhi di ognuno una gioia particolare, come quella di chi ha trovato una perla preziosa e ha potuto gustarne e condividerne la luminosità con altri. È fonte di meraviglia scoprire che ciò che di più bello abita il nostro cuore, risuona e rispecchia ciò che è nell’altro ed è possibile farsene dono reciprocamente.