Fondazione Fratelli tutti

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Fraternità – Un luminoso faro di speranza

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  • World Meeting on Human Fraternity
  • Card. Michael Czerny S.J. e Prof. Christian Barone
    World Meeting on Human Fraternity #Notalone

    Fondazione Fratelli tutti
    Palazzo della Cancelleria, 10 giugno 2023

    Sono lieto di rivolgere un caloroso benvenuto a tutti voi, qui convenuti in occasione del World Meeting on Human Fraternity promosso dalla Fondazione “Fratelli tutti”.
    Saluto con gioia Sua Eminenza il Card. Mauro Gambetti, Presidente della suddetta Fondazione, al quale esprimo il mio più sincero ringraziamento per avermi invitato ad introdurre questo momento di incontro e di riflessione sui temi della fraternità e dell’amicizia sociale.
    Vorrei anche rivolgere un pensiero grato e benedicente, connotato da sentimenti di filiale devozione, al Santo Padre Francesco per  averci fatto dono dell’Enciclica Fratelli tutti. Preghiamo per la sua pronta guarigione.
    Proseguendo sul solco tracciato da Laudato si’, in continuità con l’insegnamento magisteriale del Concilio Vaticano II, Fratelli tutti costituisce un luminoso faro di speranza che risplende e guida i passi non soltanto della Chiesa Cattolica, ma dell’intera famiglia umana, in un tempo in cui le «ombre di un mondo chiuso» vorrebbero costringerci a ripiegare su scelte egoistiche e di parte, convincendoci che l’unico modo di affrontare il presente è quello di pensare a se stessi, senza includere nella nostra idea di ben-essere gli altri, specialmente i più svantaggiati, i poveri, le vittime della “cultura dello scarto”.
    A motivo di ciò, trovo particolarmente significativo e appropriato quell’aggregatore tematico, l’hashtag #Notalone, che è stato aggiunto al titolo di questo evento. Ci ricorda che soltanto “together” insieme, solo unendo le forze e mettendo in comune idee, identità, propositi, esperienze e progetti, «possiamo far rinascere tra tutti un’aspirazione mondiale alla fraternità» (FT 8).
    Aver cura degli altri, del creato che generosamente ci offre il quotidiano sostentamento per vivere, significa prendersi cura di noi stessi. Come afferma Laudato si’, dal momento che «tutto è connesso» (LS 117), abbiamo bisogno di costruirci un “Noi” che abiti la Casa comune e ne prende cura.
    Per ricercare e conseguire questa nuova alleanza tra l’uomo e la natura, occorre adoperarsi alacremente affinché i conflitti, le ingiustizie e le diseguaglianze siano attenutati e orientati alla risoluzione, avviando processi di riforma delle strutture inique, ma anche di risanamento del tessuto sociale e di pacificazione mondiale.
    La sollecitudine nei confronti dell’ambiente, che ci induce a raccogliere l’urgente appello lanciato dalla crisi climatica, e ci esorta a prestare ascolto al «grido della terra», deve necessariamente coniugarsi all’interesse per i problemi sociali, cioè a tendere allo stesso tempo l’orecchio al «grido dei poveri» (LS 49) e infatti di tutti gli uomini.
    Sebbene sia opportuno e necessario educarsi ad una «responsabilità ambientale», che favorisca in ciascuno l’adozione di scelte e comportamenti che contrastino l’abituale consuetudine al consumistico “usa e getta”, il richiamo alla coscienza individuale, alla dimensione etica della responsabilità personale, non è più sufficiente se, al contempo, non si pone mano al ripensamento generale di «una nuova economia, più attenta ai principi etici» che lasci emergere una coscienza collettiva, realmente mossa da un autentico interesse per il «miglioramento della qualità reale della vita delle persone» (LS 189).
    È ciò che affiora, con maggior chiarezza, dal tenore profetico di alcune argomentazioni di Fratelli tutti, in cui il Santo Padre, prendendo atto e analizzando ciò che a livello globale ha comportato l’imperversare del Covid-19, richiama alla concretezza del reale, contro ogni speculazione ideologica che tenti di trovare una giustificazione al proprio agire nel fare ricorso alle teorie economiche: «Il mondo avanzava implacabilmente verso un’economia che, utilizzando i progressi tecnologici, cercava di ridurre i “costi umani”, e qualcuno pretendeva di farci credere che bastava la libertà di mercato perché tutto si potesse considerare sicuro. Ma il colpo duro e inaspettato di questa pandemia fuori controllo ha obbligato per forza a pensare agli esseri umani, a tutti, più che al beneficio di alcuni» (FT 33).
    L’economia non può considerare come inevitabile “danno collaterale” il sistematico impoverimento delle risorse ambientali e lo sfruttamento dell’uomo, calpestato nella propria dignità e nei propri diritti. Al contrario, «il superamento dell’iniquità richiede di sviluppare l’economia, facendo fruttare le potenzialità di ogni regione e assicurando così un’equità sostenibile» (FT 161), favorendo «la diversificazione produttiva e la creatività imprenditoriale» (FT 168) e ponendo attenzione alla «regolamentazione dell’attività finanziaria speculativa e della ricchezza virtuale» (FT 170).
    Integrare l’economia in un progetto sociale, culturale e popolare, che tenga conto del bene comune, domanda alla politica di riappropriarsi del proprio ruolo di leadership, contrastando la logica del “divide et impera” dei poteri transazionali (Cf. FT 12) e rilanciando la scommessa su progetti a lungo termine (cf. FT 15). Occorre costruire una «volontà politica di fraternità» (FT 103) che si adoperi per la promozione del dialogo, della reciprocità, della condivisione, riconoscendo in tali aspetti dell’intersoggettività umana altrettanti imprescindibili valori nel consolidamento della società civile.
    Quando viene a mancare una “buona politica” sono sempre gli attori sociali più fragili a farne le spese e ad essere additati come il problema, la zavorra, il peso morto, di cui bisognerebbe sbarazzarsi. La tentazione di cedere al populismo diventa allora forte, come anche quella di innalzare mura di difesa, fortificare le barriere, arroccarsi nelle rivendicazioni patriottiche: «I nazionalismi chiusi manifestano in definitiva questa incapacità di gratuità, l’errata persuasione di potersi sviluppare a margine della rovina altrui e che chiudendosi agli altri saranno più protetti. L’immigrato è visto come un usurpatore che non offre nulla. Così, si arriva a pensare ingenuamente che i poveri sono pericolosi o inutili e che i potenti sono generosi benefattori. Solo una cultura sociale e politica che comprenda l’accoglienza gratuita potrà avere futuro» (FT 141).
    È in questa tensione prolettica verso un futuro più inclusivo, in cui si auspica che la cultura politica e sociale si mostreranno capaci di assumere la fraternità come orizzonte in cui pensarsi e agire, che il Santo Padre invita tutte le religioni a offrire il loro “tesoro sapienziale”, affinché valori come il perdono, la riconciliazione, l’affermazione della sacralità della persona umana, la pace, vengano posti in circolo e contagino la convivenza sociale, promuovendo lo scambio, il reciproco arricchimento, vincendo la paura e la diffidenza che tiene separati uomini di lingua, nazionalità e credi diversi.
    Concludo richiamando le parole di speranza con cui papa Francesco si è rivolto al mondo intero all’indomani della firma dell’enciclica Fratelli tutti, il 4 ottobre 2020, festa di san Francesco d’Assisi. Siano per noi, all’inizio di questo nostro incontro, un motivo di gratitudine e un monito che ci richiama alla responsabilità di ciò che ci attende: «I segni dei tempi mostrano chiaramente che la fraternità umana e la cura del creato formano l’unica via verso lo sviluppo integrale e la pace, già indicata dai Santi Papi Giovanni XXIII, Paolo VI e Giovanni Paolo II» (Angelus, 4 ottobre 2020).