Fondazione Fratelli tutti

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Il saluto di Sua Em.za Rev.ma il Cardinale Pietro Parolin

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  • World Meeting on Human Fraternity
  • Roma, Palazzo della Cancelleria,10 giugno 2023

    Eminenza,
    Eccellenze,
    Distinti ospiti,
    Signore e Signori,
    vi saluto cordialmente e, nell’offrirvi volentieri alcune parole di benvenuto e di introduzione dei lavori, desidero anzitutto ringraziarvi per aver aderito con generoso slancio alla proposta del Cardinale Mauro Gambetti e della Fondazione Fratelli tutti di incontrarvi per promuovere la pace e la giustizia tra i popoli in questo primo Meeting sulla fraternità umana.

    Oggi vi riunite come segno di speranza per il mondo. Già il vostro essere qui insieme rappresenta un segno di speranza. Avete scelto infatti di far incontrare la ricchezza di differenze e di esperienze, di cui ciascuno è portatore, per testimoniare ciò che unisce la nostra umanità e ci permette di riconoscerci fratelli tutti, come il Santo Padre Francesco insegna con il suo magistero.

    Operare con spirito di fraternità è una responsabilità cui non può sottrarsi chi è chiamato ad animare la cultura delle relazioni internazionali. Molti di voi, attraverso scelte e gesti compiuti in aree di conflitto, dimostrano con l’esempio della vita che nell’interruzione del dialogo i rapporti degenerano e
    che la fraternità che unisce è più forte del dolore che divide. Molti di voi possono testimoniare come tessere la paziente trama del dialogo sia faticoso, spesso tortuoso e non di rado inappagante, ma è quanto di più nobile vi sia per il bene della comunità umana, sia a livello locale che internazionale.

    La ricerca della cooperazione tra Paesi, l’affermazione del primato del diritto sulla forza, l’impegno per uno sviluppo umano integrale e per un’economia a misura delle aspirazioni di giustizia di tutti i popoli, sono le molteplici espressioni di una dedizione che ci spinge a lavorare senza sosta affinché nessuna donna e nessun uomo sulla Terra possano essere o sentirsi esclusi dalla famiglia umana.

    Su questa strada ardua ma ineludibile, getta luce l’Enciclica Fratelli tutti, sostenendoci nel proposito di muovere i nostri passi verso l’amicizia sociale tra i popoli e la ricomposizione dei conflitti, a partire dalla forza vitale, e solo apparentemente inerme, dell’incontro e del dialogo. Proprio in tal senso, l’incontro fraterno si propone di prenderci per mano e portarci a comprendere le posizioni di chi non la pensa come noi, per poi aprire, nella reciprocità, le porte alla speranza di condividere una direzione cui l’umanità possa tendere insieme, avendo cura di misurare il passo affinché nessuno che cerchi un cammino comune sia lasciato indietro. Questa sollecitudine solidale e sussidiaria, per lo più silenziosa, parte dalla persona, per abbracciare la dimensione familiare, quella sociale e delle nazioni, fino ad arrivare alla comunità internazionale.

    È un cammino intrapreso per contrastare ogni spinta funzionalistica che spesso, purtroppo, oggi
    relega le persone a individui, i volti a numeri, i progetti a guadagno. È un percorso che attinge alle profondità dell’uomo, essere vivente di sua natura relazionale, capace di infinito e proteso verso i suoi simili, grazie ai quali accresce sé stesso. Ce lo ricorda la sapienza classica, secondo la quale il tutto è maggiore della somma delle sue parti (cfr Aristotele, Metafisica, VIII,1045, 9-10; Esort. ap. Evangelii gaudium, 234- 237).

    Una domanda, tuttavia, sorge spontanea e ritorna a più riprese: per quanto gli ideali e i tentativi
    siano buoni, ne vale davvero la pena? Vale la pena di viaggiare, riunirci e parlarci di fronte a un mondo che sembra perseguire altre logiche rispetto a quelle della fraternità e dell’incontro? Proprio nell’Enciclica Fratelli tutti Papa Francesco sembra rispondere a questo interrogativo, affermando che il dialogo «perseverante e coraggioso non fa notizia come gli scontri e i conflitti, eppure aiuta discretamente il mondo a vivere meglio, molto più di quanto possiamo rendercene conto» (n. 198). Perciò propone di «far crescere non solo una spiritualità della fraternità», ma «un’organizzazione
    mondiale più efficiente, per aiutare a risolvere i problemi impellenti» (Fratelli tutti, 165).

    Ho già avuto modo in altre occasioni di ribadire come il definirci fratelli e il fare dell’amicizia sociale un ideale da perseguire probabilmente non basti. Allo stesso modo, le relazioni internazionali non esauriscono il proprio fine nella pace intesa come assenza di guerra né nella sicurezza, nello sviluppo o nel rispetto teorico dei diritti fondamentali. Mentre l’azione diplomatica deve essere potenziata nel ruolo degli organismi multilaterali – e questa è davvero una priorità nell’attuale orizzonte internazionale – credo sia imprescindibile, come primo passo, ritornare al significato che il Santo Padre riconosce alla fraternità quando la propone come fondamento effettivo, che sta al cuore delle agende internazionali; come, vorrei dire, vocazione universale, che si realizza in concreto a cominciare da ciascuno, in primo luogo da me quando «non dico più che ho dei “prossimi” da aiutare, ma che
    mi sento chiamato a diventare io un prossimo degli altri» (Fratelli tutti, 81). Ecco il cuore della nostra
    motivazione: la chiamata all’impegno di una prossimità da coltivare in prima persona, facendosene testimoni nei diversi terreni della vita, come semi che lentamente crescono, germogliano e portano frutto insieme, anche se all’esterno stagioni di aridità continuano ad alternarsi a uragani e bufere.

    Oggi più di ieri, nel mondo rapido e complesso che abitiamo, tanto globalizzato quanto inquinato, tutto si presenta connesso e interdipendente, e questa è una ragione in più per confrontarci, allargare lo sguardo e unire le forze. Lo richiede la causa della pace, lo richiede l’urgenza di uno sviluppo meno ingiusto e più integrale, lo richiede la casa che tutti abitiamo, nella consapevolezza che «l’analisi dei problemi ambientali è inseparabile dall’analisi dei contesti umani, familiari, lavorativi, urbani, e dalla relazione di ciascuna persona con sé stessa» (Fratelli tutti, 141). Tutte le crisi che oggi attraversiamo, infatti, siano esse geo-politiche, occupazionali, climatiche, sociali, sono accomunate dalla necessità di cooperare per il bene comune, costruendo rapporti, regole e istituzioni in grado di guardare oltre gli interessi individuali: postulano, per così dire, una “ecologia della fraternità umana”.

    Cari amici, la vostra storia e il vostro impegno testimoniano che ciò è possibile; testimoniano al mondo, in molti e diversi modi, che «nessuno si salva da solo» (Fratelli tutti, 32;54;137). E oggi, con la vostra presenza, voi affermate che la rassegnazione agli egoismi, personali e di sistema, si può superare e che, anzi, va superata. Nel rinnovarvi la gratitudine per essere qui, vi auguro di cuore buon lavoro: in ognuna delle lingue che rappresentate, il vostro incontrarvi faccia echeggiare il suono della parola speranza. Una speranza di cui il mondo è assetato, una speranza che sia concreta, una speranza che sia “audace”.