Intervista al Card. Mauro Gambetti, dal Corriere della Sera del 12 giugno 2023 a firma di Gian Guido Vecchi
E ora, Eminenza?
«Mercoledì, prima di ricoverarsi al Gemelli, Francesco ci ha detto: andate avanti!». Il cardinale francescano Mauro Gambetti, 57 anni, vicario generale del Papa per la Città del Vaticano e arciprete di San Pietro, sorride: «Vede, l’impressione è che ci troviamo a uno spartiacque della storia. O si sceglie di essere fratelli degli altri, di tutti, oppure si decide di essere soli, ripiegati in un egotismo che fagocita persone e cose … ».
Il cardinale parla del «Meeting mondiale sulla fraternità umana» promosso dalla Fondazione «Fratelli tutti» e riunito sabato in piazza San Pietro, in collegamento con altre piazze – da Buenos Aires a Gerusalemme e Nagasaki – e una dichiarazione di 34 premi Nobel firmata a nome del Papa dal cardinale Pietro Parolin: «Non più la guerra!». È stato Gambetti a leggere il discorso di Francesco: «Non stanchiamoci di gridare “no alla guerra”, in nome di Dio o nel nome di ogni uomo e di ogni donna che aspira alla pace»
Francesco pubblicò l’enciclica «Fratelli tutti» il 3 ottobre 2020. Guerre, migrazioni, devastazione dell’ambiente:
la pandemia aveva mostrato che «nessuno si salva da solo» e che fosse l’ora di «sognare come un’unica umanità». Poi è ricominciato tutto come prima, c’è stata l’invasione russa dell’Ucraina. La Chiesa grida nel deserto?
«Eh, la sensazione è questa, per questo ci siamo detti che dovevamo dare voce alla verità. È stato l’avvio di un percorso
che speriamo possa coinvolgere le persone in tutto il mondo. Per i credenti è un’evidenza, perché pensiamo che l’esistenza di cui godiamo sia il frutto di un atto creatore di un unico Dio che è Padre di tutti noi. Ma la fraternità è qualcosa che antropologicamente dovrebbe essere evidente a tutti. Di qui la scelta di riportarla alle coscienze, in un mondo nel quale se ne è perduta la consapevolezza».
Per guerre e migrazioni è chiaro, ma per quanto riguarda l’ambiente?
«Essere “fratelli tutti” significa anche custodire un rapporto con l’ambiente. Gli altri esseri viventi e pure quelli inanimati sono fratelli, sono sorelle, perché siamo impastati della stessa polvere, la stessa terra, la stessa acqua … Come fai a trattare male ciò che hai nelle cellule?».
Che significa invocare fraternità e pace davanti ad aggressioni e dispotismi?
«Se uno aggredisce un altro, occorre far sì che la forza distruttiva si fermi. Ma il non essere neutrali, e distinguere tra aggressore e aggredito, non vuol dire nemmeno che mi schiero con una parte o con l’altra. Si tratta piuttosto di cambiare il clima, fare tutto il possibile per ricostruire le possibilità di una relazione».
E come si ricostruisce, il senso delle relazioni?
«Riportando l’idea di fraternità al suo senso originario. Viviamo in un mondo diviso, la “guerra mondiale a pezzi” di cui parla Francesco, e un individualismo quasi patologico che tende a isolare. Molte volte si intende l’essere fratelli come qualcosa di circoscritto al proprio clan, tribù, famiglia o nazione. In una cultura di frammentazione, anche la globalizzazione può favorire una comunione tra gli esseri umani e con l’ambiente in cui vivono. Ecco, se riuscissimo a sganciarci un po’ dalle nostre piccoli visioni di amicizia o di appartenenza, ci comprenderemmo tutti come fratelli, accomunati dalla stessa natura umana».