Fondazione Fratelli tutti

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La giustizia biblica e la fraternità – Spunti di riflessione emersi dalla tavola rotonda

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  • Un pomeriggio pieno di luce con testimoni che, come fiammelle, hanno rischiarato la mente e il cuore dei partecipanti al Simposio del 4 marzo sulla giustizia e la fraternità. Primo appuntamento dei Cammini Giubilari Sinodali che avranno a tema quest’anno la giustizia riparativa, come esperienza di ricerca della verità, la purificazione della memoria e la ricomposizione dei legami feriti.

    L’incontro di sabato pomeriggio si è svolto a partire da una tavola rotonda, moderata da p. Francesco Occhetta S.I., Segretario Generale della Fondazione. In seguito, i partecipanti hanno formato dei Laboratori di Dialogo, le cui sintesi sono state riportate in sessione plenaria. In serata un percorso nella bellezza della Basilica di S. Pietro ha congedato i partecipanti.

    Ricchi e profondi i contenuti emersi: Pietro Bovati, biblista gesuita, Segretario Emerito della Pontificia Commissione Biblica, primo ospite della tavola rotonda, ci ha accompagnato in un itinerario lungo le pagine della Sacra Scrittura che svelano la giustizia biblica come il modo precipuo con cui il Signore agisce nella storia. Nel Suo operare Egli sorprende, scegliendo modi di procedere diametralmente opposti alle logiche umane. Così è la giustizia di Dio che affonda le radici nel cuore di un padre di famiglia che, in quanto autorità, deve salvaguardare le persone a cui è legato. Ecco lo spazio in cui si gioca la giustizia: una rete, un intreccio di relazioni, quali quelle famigliari in cui l’agire giusto coincide con il salvare il colpevole. Con queste premesse la storia con Dio non può che essere storia di salvezza.

    Le parole dei profeti, da Osea ad Ezechia, citate dal nostro biblista, ci hanno offerto in una pennellata un Dio all’opera che di fronte al male opta per il dialogo con il malvagio stesso. La giustizia quindi fiorisce dall’incontro. Nella Sua creatività Dio utilizza tutti gli strumenti: dalle parole (di ammonimento, misericordia, perdono, consolazione) che promuovono il cambiamento di vita, alla correzione, per puro scopo medicinale e come provvedimento transitorio. Bovati infatti ha sottolineato come, di fronte alla conversione dell’uomo, Dio annulli in modo radicale il male passato e lo ricolmi con Bene abbondante. Lui solo è capace di perdono e riconciliazione.

    Nell’ultima parte del suo contributo p. Pietro ha fatto riferimento alla giustizia attuata dai fratelli, narrando la storia paradigmatica di Giuseppe, anticipazione evangelica, in cui emerge con chiarezza che il perdono è un lungo cammino, anche per far maturare nel fratello la consapevolezza. Faro che illumina ed orienta il nostro agire è Gesù, fratello buono che ha incarnato la buona giustizia nei confronti del fratello peccatore.

    Uno spartito con un’infinità di note suonato dal nostro biblista e reinterpretato dalla signora Gemma Capra Calabresi, vedova del Commissario Luigi Calabresi, che con il suo racconto ha incarnato la Parola di Dio appena spezzata.

    Uno sguardo profondo come un lago in cui si potrebbe affondare. Una luminosità negli occhi come di pietra cristallina. Un tono di voce caldo, tenero, profondo attraversato da un dolore pacato che come fuoco ne ha purificato l’anima rendendola splendente come oro. Con la sua generosità di madre la signora Gemma ci ha consegnato la sua storia, le domande, i dubbi, le fatiche, le evoluzioni che l’hanno condotta verso la meta più bella e più dolce: il perdono verso i responsabili della morte di suo marito, così come lei li definisce, e non uccisori.

    La signora Calabresi ci ha parlato dell’importanza dei segni di Dio, di cui è stato costellato il suo cammino e senza i quali non sarebbe riuscita a muovere alcun passo. Il primo: una percezione fisica nel grembo di un’immensa pace interiore proprio nel momento più disperato, in quel tragico mattino quando a 25 anni, incinta del terzo figlio, con altri due bimbi piccoli, apprese dell’assassinio di suo marito. E ancora: uno sguardo su un “momento di umanità” fra un imputato al processo e suo figlio, in cui lei ha visto e riconosciuto un cuore che come il suo batteva, un cuore che come il suo amava le persone a lui care, capace di tenerezza e consolazione. Osservando e contemplando questa scena qualcosa in lei ha cominciato a cambiare ed ha avvertito una profonda vicinanza e sintonia con quest’uomo. Il suo sguardo ha cominciato a trasformarsi, dilatandosi, ampliandosi, cogliendo la persona in tutta la profondità della sua vita, della sua storia, della sua sofferenza e non inchiodandola più a quel reato, a quell’offesa ricevuta. L’altro, anche l’assassino, è una persona che cammina con le sue fatiche e non può rimanere blindato lì nel suo peccato ma va considerato nella sua globalità, nella sua fragilità.

    Un altro segno, significativo per il suo cammino: una solidarietà avvertita con alcuni ergastolani incontrati in un carcere, di cui ha ascoltato il dolore, il vuoto e anche, inaspettatamente e inspiegabilmente, quella stessa sensazione di pace interiore da lei provata in quella famosa mattina di maggio. Dio ha le sue logiche: non va dalle vittime, va da chi soffre. E chi soffre può anche essere colui che in un attimo della sua vita compie gesti come un omicidio.

    Meravigliosa svolta, altissima lezione dalla cattedra dell’amore e dell’umiltà di Gemma Calabresi. Con la sua delicatezza, come una madre che racconta una storia ai suoi figli, ci ha poi condotti fin sul Golgota, punto apicale della storia di Gesù, punto apicale della sua storia e ha affermato: “Gesù dalla croce sapeva che era impossibile per un uomo perdonare, perciò ha chiesto al Padre di farlo Lui al posto nostro, lasciando a noi il tempo del cammino”. E questo cammino lei ha voluto compierlo con tutte le sue forze, lasciandosi attraversare in tutto il suo essere. Ed ha restituito a noi il distillato di una vita, la densità della sua storia.

    Con la serenità e la leggerezza di una bambina ha dichiarato a tutta l’assemblea attonita e commossa che anche dopo una storia come la sua si può amare ancora la vita, si può cambiare giudizio, si può essere ancora felici. Infine, nella sua grande fede, la signora Calabresi ha riconosciuto la preziosità della preghiera che con la sua forza ci mette in comunione: persone, conosciute e non, che hanno pregato per lei a sua insaputa e le hanno donato una forza di cui lei stessa si sorprende.

    Così agisce Dio, misteriosamente nelle nostre storie rendendole, per quanto imperfette e ferite, dei capolavori di bellezza. Come la signora Gemma, che oggi a 75 anni, grida la forza del perdono, la forza dell’amore, la forza della vita.