Oltre la giustizia – Vangelo di domenica 17 settembre
“Fino a che punto è giusto perdonare un fratello se è colpevole?” è la domanda che ci facciamo tutti almeno una volta nella vita. È una domanda frutto della paura…
Scelgo di incontrare il Signore.
Mi concentro e vado oltre le mie preoccupazioni e i miei pensieri.
Faccio un segno di croce ed esprimo interiormente il desiderio di stare alla Sua presenza.
In quel tempo, Gesù, vedendo le folle, ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite come pecore che non hanno pastore. Allora disse ai suoi discepoli: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe perché mandi operai nella sua messe!».
Chiamati a sé i suoi dodici discepoli, diede loro potere sugli spiriti impuri per scacciarli e guarire ogni malattia e ogni infermità.
I nomi dei dodici apostoli sono: primo, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello; Giacomo, figlio di Zebedèo, e Giovanni suo fratello; Filippo e Bartolomeo; Tommaso e Matteo il pubblicano; Giacomo, figlio di Alfeo, e Taddeo; Simone il Cananeo e Giuda l’Iscariota, colui che poi lo tradì.
Questi sono i Dodici che Gesù inviò, ordinando loro: «Non andate fra i pagani e non entrate nelle città dei Samaritani; rivolgetevi piuttosto alle pecore perdute della casa d’Israele. Strada facendo, predicate, dicendo che il regno dei cieli è vicino. Guarite gli infermi, risuscitate i morti, purificate i lebbrosi, scacciate i demòni. Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date».
Se ci fermassimo a guardare le persone che ci circondando, anche noi come Gesù sentiremmo la loro stanchezza e il loro sfinimento. Il mondo sta male, l’umanità è sempre più ferita. Nulla è poi così cambiato dal tempo di Gesù. Gli sguardi delle persone, troppo spesso, sono ancora pieni di disorientamento e sofferenza.
È qui che il cuore di Gesù si piega, trasudando umanità, provando compassione nel sentire quelle sofferenze e quegli smarrimenti. È qui che si volta verso i discepoli dicendo: “C’è tanto dolore! Pregate affinché il Signore mandi più operai”.
Quegli operai siamo noi. Oggi, il Vangelo ci insegna che aver incontrato il Signore ed essersi follemente innamorati di Lui è il presupposto del nostro essere cristiani, ma non basta. Non basta restare, poi è necessario andare. Poi serve impegno e sacrifico, serve scegliere cosa fare concretamente per amare. Serve, dunque, una vocazione.
La vocazione nasce dal nostro cuore che si piega nel sentire le sofferenze degli altri, nasce dalla nostra di compassione che muove il desiderio di aiutare, di spendersi prendendo seriamente a cuore i bisogni di qualcun altro, di essere strumenti concreti delle Sue mani.
Non esiste una strada vocazionale pre-impostata perché ogni vocazione è un fatto privato ed intimo tra noi e il Signore. Ogni vocazione nasce dall’unicità della nostra storia, del nostro tempo e della nostra personalità che si incontra cuore a cuore con Lui.
Gesù, oggi, ci rivela solo la sostanza di ogni vocazione cristiana. Ogni cristiano, infatti, nutrendosi della Parola riceve il dono di nutrire, permettendo al Signore di guarire le proprie ferite, diventa capace di guarire gli altri, di liberarli dalle paure, di infondere nei loro cuori una nuova speranza.
Preghiamo lo Spirito Santo affinché ci guidi nelle nostre ricerche vocazionali.
Il mondo ha tanto bisogno di operai per vocazione.
Visualizzo la scena provando ad immaginare il luogo, i personaggi, i dialoghi, i toni e i gesti.
Lascio che emergano i miei sentimenti, ciò che più mi colpisce, le emozioni che provo.
Accolgo il mio sentire, senza censure, senza giudizi.
“Restare” nell’amore del Signore per “andare” portando la Sua testimonianza nel mondo è una dinamica fondamentale per vivere una fede autentica. In questo periodo, riesco a “restare” nella Parola attraverso la preghiera?
Mi preoccupo di portare alle persone che incontro la mia testimonianza?
Nel vivere la mia vocazione, in che modo e a chi dono il mio aiuto?
Come se mi rivolgessi ad un amico, parlo con il Signore e con sentimento di gratitudine gli esprimo ciò che sento di ricevere da lui in questo momento.
Recito un Padre nostro per salutarlo e uscire dalla preghiera.
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