Oltre la giustizia – Vangelo di domenica 17 settembre
“Fino a che punto è giusto perdonare un fratello se è colpevole?” è la domanda che ci facciamo tutti almeno una volta nella vita. È una domanda frutto della paura…
Scelgo di incontrare il Signore.
Mi concentro e vado oltre le mie preoccupazioni e i miei pensieri.
Faccio un segno di croce ed esprimo interiormente il desiderio di stare alla Sua presenza.
In quel tempo, Gesù cominciò a spiegare ai suoi discepoli che doveva andare a Gerusalemme e soffrire molto da parte degli anziani, dei capi dei sacerdoti e degli scribi, e venire ucciso e risorgere il terzo giorno.
Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo dicendo: «Dio non voglia, Signore; questo non ti accadrà mai». Ma egli, voltandosi, disse a Pietro: «Va’ dietro a me, Satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!».
Allora Gesù disse ai suoi discepoli: «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà.
Infatti quale vantaggio avrà un uomo se guadagnerà il mondo intero, ma perderà la propria vita? O che cosa un uomo potrà dare in cambio della propria vita?
Perché il Figlio dell’uomo sta per venire nella gloria del Padre suo, con i suoi angeli, e allora renderà a ciascuno secondo le sue azioni».
“Dio non voglia, questo non ti accadrà mai!”: Pietro, nella sua meravigliosa immediatezza, esprime la fragilità umana che abbiamo tutti di non voler perdere chi amiamo.
La paura è ciò su cui si basa il pensare degli uomini e a furia di seguire questa logica finiamo per costruire un mondo basato sull’egoismo in cui la parola “io” viene prima della parola “tu”: “Come farò io senza di te?”, è la paura di Pietro. O ancora: “iovoglio per te una felicità diversa”.
Quanto più amiamo qualcuno, tanto più questa dinamica si infiltra nel nostro pensare e, come Pietro, finiamo per non accorgerci che stiamo più possedendo che amando.
Il pensare di Dio si basa su ciò che desideriamo: “Come desideri donarti?”, questa è logica non-logica che ci propone il Signore per costruire un mondo basato sull’altruismo e sulla libertà in cui tutti si donano dando un senso alle loro vite e tutti ricevono in base ai bisogni che hanno.
Nel pensare di Dio la nostra umanità viene considerata e i nostri bisogni umani non vengono negati. Seguire il Signore non significa rinnegare la nostra natura ma dire “no” alle paure e rifiutarsi di prendere delle scelte allontanando ciò che ci spaventa o che ci fa del male, magari con delle compensazioni che alla lunga non reggono. Così accumuliamo il denaro, allontaniamo la vecchiaia, neghiamo la vita, vogliamo avere potere sulla morte e ci opponiamo alla realtà quando è difficile.
Prendiamo la croce ogni volta in cui scegliamo di accogliere e attraversare il dolore.
Seguiamo il Signore ogni volta in cui troviamo il coraggio di farci dono nonostante tutto.
Troviamo la vita ogni volta in cui sentiamo che il nostro dono è stato la salvezza per altri.
Visualizzo la scena provando ad immaginare il luogo, i personaggi, i dialoghi, i toni e i gesti.
Lascio che emergano i miei sentimenti, ciò che più mi colpisce, le emozioni che provo.
Accolgo il mio sentire, senza censure, senza giudizi.
Tendenza all’egoismo, al considerare primariamente i miei bisogni e tendenza al servilismo, al non considerarli o a farli coincidere coi bisogni degli altri. In quale dinamica mi riconosco di più che mi impedisce di donarmi?
Quale paura vivo che mi porta all’egoismo o al servilismo?
Quale dono voglio chiedere al Signore per superare le paure e, come Gesù, mettermi nelle condizioni per donarmi totalmente?
Come se mi rivolgessi ad un amico, parlo con il Signore e con sentimento di gratitudine gli esprimo ciò che sento di ricevere da lui in questo momento.
Recito un Padre nostro per salutarlo e uscire dalla preghiera.
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