Oltre la giustizia – Vangelo di domenica 17 settembre
“Fino a che punto è giusto perdonare un fratello se è colpevole?” è la domanda che ci facciamo tutti almeno una volta nella vita. È una domanda frutto della paura…
Scelgo di incontrare il Signore.
Mi concentro e vado oltre le mie preoccupazioni e i miei pensieri.
Faccio un segno di croce ed esprimo interiormente il desiderio di stare alla Sua presenza.
In quel tempo, Gesù disse: «In verità, in verità io vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore dalla porta, ma vi sale da un’altra parte, è un ladro e un brigante. Chi invece entra dalla porta, è pastore delle pecore.
Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore, ciascuna per nome, e le conduce fuori. E quando ha spinto fuori tutte le sue pecore, cammina davanti a esse, e le pecore lo seguono perché conoscono la sua voce. Un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui, perché non conoscono la voce degli estranei».
Gesù disse loro questa similitudine, ma essi non capirono di che cosa parlava loro.
Allora Gesù disse loro di nuovo: «In verità, in verità io vi dico: io sono la porta delle pecore. Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo.
Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza».
Quante volte crediamo essenziale ciò che non lo è?
Quante volte perdiamo i riferimenti e i sensi nella nostra vita?
Quante volte confondiamo i “briganti” con il “Pastore”?
Spesso, senza dircelo esplicitamente, le persone si fanno idoli e si fingono ciò che non sono: essenziali. Lo fanno facendo leva sulle nostre paure, insicurezze, fragilità e finiscono per controllare la nostra vita, per condizionarci, toglierci energie.
A volte sono persone, altre volte sono situazioni, eventi, carriere. Tutto, anche ciò che potrebbe sembrare buono come un lavoro, può finire per ricoprire un posto sbagliato nella nostra vita e finire con il totalizzarla.
Questo accade quando confondiamo le priorità e perdiamo di vista ciò che ha il primo posto da ciò che ha il secondo, il terzo, il quarto e così via.
Quando il Signore ha il primo posto nella nostra vita, se teniamo tanto a qualcosa, ad esempio ad un lavoro particolare, dobbiamo sapere che se perdiamo il Signore perdiamo tutto, se perdiamo quel lavoro perdiamo soltanto tanto.
Troppo spesso confondiamo la porta con le opportunità. Quando viviamo una vita radicata in Cristo possiamo perdere tanto, perfino un sogno importantissimo per noi, ma mai la Vita. Il Signore, porta e pastore, farà nascere in noi un nuovo sogno per cui vivere, ci condurrà in un’altra strada perché Lui solo ci conosce e ci conduce: “egli chiama le sue pecore per nome e le conduce fuori”.
Chiediamo al Signore la grazia di discernere sempre i briganti dal pastore affinché possiamo sempre sentirci accompagnati da colui che solo può sempre restituirci Vita.
In Lui il giogo sarà leggero.
Visualizzo la scena provando ad immaginare il luogo, i personaggi, i dialoghi, i toni e i gesti.
Lascio che emergano i miei sentimenti, ciò che più mi colpisce, le emozioni che provo.
Accolgo il mio sentire, senza censure, senza giudizi.
Quali sono le priorità nella mia vita?
C’è qualcosa che sta totalizzando le mie giornate facendomi sentire svuotato e frustrato?
Questo qualcosa ha davvero a che fare con Dio oppure con altro?
Come se mi rivolgessi ad un amico, parlo con il Signore e con sentimento di gratitudine gli esprimo ciò che sento di ricevere da lui in questo momento.
Recito un Padre nostro per salutarlo e uscire dalla preghiera.
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