Vivere in un mondo in cui regna l’ingiustizia fa davvero tanta paura. Ci rende scoperti, ci fa sentire fragili.
Amare non significa avere la certezza di essere ricambiati. Amare, al contrario, significa accettare il rischio di essere colpiti alle spalle, feriti, traditi. Se non si è capaci di sostenere il dolore, non si è pronti a vivere nell’amore. Se non siamo pronti a ricevere indietro il male, è meglio che non facciamo del bene.
Anche Gesù che è stato ferito, rinnegato e tradito da coloro che aveva scelto per portare avanti la propria missione, da coloro coi quali viveva e dormiva.
La vita dei cristiani passa per queste tre grandi sfide che ci propone oggi la Parola: essere umiliati per i propri valori, essere martirizzati e sentirsi abbandonati dal Signore nel momento del dolore. Nessuno di noi, quando si fa missionario, può esimersi da queste prove.
Non dobbiamo avere paura di chiamare il Signore a cospetto quando il mondo ci ferisce troppo.
Lui non solo è Padre ma è anche Giustizia e non c’è causa che Lui non possa vincere per noi.
Non dobbiamo avere paura di condonare i debiti agli uomini, di perdonarli e, al contempo, di convocare noi il Signore.
Dobbiamo avere il coraggio di affidargli le nostre ferite, di aprire un conto con Lui, di dirgli “Signore, pensaci tu a riparare la mia vita perché io, ora, non so davvero come fare”.
Ci stupiremo nel vedere realizzata la Sua opera perché Lui solo può davvero tutto!
I nostri occhi si riempiranno di commozione nel sentire quanto amore il Signore riversa in chi tutto spera, tutto sopporta e tutto affida in Lui.
Il coraggio della fede sta tutto qui, nel sentire forte il dolore della prova e al contempo affidare al Signore ogni nostra lacrima.