Al di là della paura – Vangelo di domenica 3 settembre
“Dio non voglia, questo non ti accadrà mai!”: Pietro, nella sua meravigliosa immediatezza, esprime la fragilità umana che abbiamo tutti di non voler perdere chi amiamo.
Scelgo di incontrare il Signore.
Mi concentro e vado oltre le mie preoccupazioni e i miei pensieri.
Faccio un segno di croce ed esprimo interiormente il desiderio di stare alla Sua presenza.
In quel tempo, Gesù disse ai suoi apostoli:
«Non abbiate paura degli uomini, poiché nulla vi è di nascosto che non sarà svelato né di segreto che non sarà conosciuto. Quello che io vi dico nelle tenebre voi ditelo nella luce, e quello che ascoltate all’orecchio voi annunciatelo dalle terrazze.
E non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l’anima; abbiate paura piuttosto di colui che ha il potere di far perire nella Geenna e l’anima e il corpo.
Due passeri non si vendono forse per un soldo? Eppure nemmeno uno di essi cadrà a terra senza il volere del Padre vostro. Perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati. Non abbiate dunque paura: voi valete più di molti passeri!
Perciò chiunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anch’io lo riconoscerò davanti al Padre mio che è nei cieli; chi invece mi rinnegherà davanti agli uomini, anch’io lo rinnegherò davanti al Padre mio che è nei cieli».
Vivere in un mondo in cui regna l’ingiustizia fa davvero tanta paura. Ci rende scoperti, ci fa sentire fragili.
Amare non significa avere la certezza di essere ricambiati. Amare, al contrario, significa accettare il rischio di essere colpiti alle spalle, feriti, traditi. Se non si è capaci di sostenere il dolore, non si è pronti a vivere nell’amore. Se non siamo pronti a ricevere indietro il male, è meglio che non facciamo del bene.
Anche Gesù che è stato ferito, rinnegato e tradito da coloro che aveva scelto per portare avanti la propria missione, da coloro coi quali viveva e dormiva.
La vita dei cristiani passa per queste tre grandi sfide che ci propone oggi la Parola: essere umiliati per i propri valori, essere martirizzati e sentirsi abbandonati dal Signore nel momento del dolore. Nessuno di noi, quando si fa missionario, può esimersi da queste prove.
Non dobbiamo avere paura di chiamare il Signore a cospetto quando il mondo ci ferisce troppo.
Lui non solo è Padre ma è anche Giustizia e non c’è causa che Lui non possa vincere per noi.
Non dobbiamo avere paura di condonare i debiti agli uomini, di perdonarli e, al contempo, di convocare noi il Signore.
Dobbiamo avere il coraggio di affidargli le nostre ferite, di aprire un conto con Lui, di dirgli “Signore, pensaci tu a riparare la mia vita perché io, ora, non so davvero come fare”.
Ci stupiremo nel vedere realizzata la Sua opera perché Lui solo può davvero tutto!
I nostri occhi si riempiranno di commozione nel sentire quanto amore il Signore riversa in chi tutto spera, tutto sopporta e tutto affida in Lui.
Il coraggio della fede sta tutto qui, nel sentire forte il dolore della prova e al contempo affidare al Signore ogni nostra lacrima.
Visualizzo la scena provando ad immaginare il luogo, i personaggi, i dialoghi, i toni e i gesti.
Lascio che emergano i miei sentimenti, ciò che più mi colpisce, le emozioni che provo.
Accolgo il mio sentire, senza censure, senza giudizi.
I gesti di amore che compio, sono radicati nella libertà? O inconsciamente nutro l’aspettativa di ricevere almeno quanto ho dato?
Mi è capitato di sentirmi umiliato per i valori cristiani che incarna o di essermi sentito abbandonato dal Signore nel dolore?
Ho affidato al Signore queste difficoltà?
Come se mi rivolgessi ad un amico, parlo con il Signore e con sentimento di gratitudine gli esprimo ciò che sento di ricevere da lui in questo momento.
Recito un Padre nostro per salutarlo e uscire dalla preghiera.
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