La forza della sua presenza – Vangelo di domenica 21 maggio
Come è possibile credere, amare e dubitare? Come possono coesistere nello stesso cuore due dimensioni così contraddittorie?
Scelgo di incontrare il Signore.
Mi concentro e vado oltre le mie preoccupazioni e i miei pensieri.
Faccio un segno di croce ed esprimo interiormente il desiderio di stare alla Sua presenza.
In quel tempo, Gesù passando vide un uomo cieco dalla nascita; sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco e gli disse: «Va’ a lavarti nella piscina di Sìloe», che significa Inviato. Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva. Allora i vicini e quelli che lo avevano visto prima, perché era un mendicante, dicevano: «Non è lui quello che stava seduto a chiedere l’elemosina?». Alcuni dicevano: «È lui»; altri dicevano: «No, ma è uno che gli assomiglia». Ed egli diceva: «Sono io!».
Condussero dai farisei quello che era stato cieco: era un sabato, il giorno in cui Gesù aveva fatto del fango e gli aveva aperto gli occhi. Anche i farisei dunque gli chiesero di nuovo come aveva acquistato la vista. Ed egli disse loro: «Mi ha messo del fango sugli occhi, mi sono lavato e ci vedo». Allora alcuni dei farisei dicevano: «Quest’uomo non viene da Dio, perché non osserva il sabato». Altri invece dicevano: «Come può un peccatore compiere segni di questo genere?». E c’era dissenso tra loro. Allora dissero di nuovo al cieco: «Tu, che cosa dici di lui, dal momento che ti ha aperto gli occhi?». Egli rispose: «È un profeta!». Gli replicarono: «Sei nato tutto nei peccati e insegni a noi?». E lo cacciarono fuori.
Gesù seppe che l’avevano cacciato fuori; quando lo trovò, gli disse: «Tu, credi nel Figlio dell’uomo?». Egli rispose: «E chi è, Signore, perché io creda in lui?». Gli disse Gesù: «Lo hai visto: è colui che parla con te». Ed egli disse: «Credo, Signore!». E si prostrò dinanzi a lui.
Quante volte siamo nel buio e chiediamo ripetutamente a Dio solo il perché, restando incastrati dentro l’angoscia, la paura, la tristezza. Quante volte chiediamo a Dio solo la ragione del nostro dolore senza cercarlo nel dolore.
Il cieco siamo tutti noi e la sua è la storia di tutti noi che viviamo schiavi delle paure e ci troviamo a dover ri-percorrere ogni volta il cammino battesimale per ritrovare non solo l’acqua della Samaritana ma anche la luce di questo uomo cieco dalla nascita. Acqua e luce sono la vera fonte di vita di chi non solo crede di credere ma di chi veramente ha incontrato il Signore e ha scelto di seguirlo.
Alla fine del suo percorso il cieco si specchia nel volto di Gesù e non solo lo riconosce ma si riconosce, così l’io-sono del cieco si specchia in quel Io-Sono di Gesù. Di nuovo è un incontro intimo, vero e profondo con il Signore che restituisce una nuova vita. Non tanto quella degli occhi che vedono il mondo ma quella dello sguardo che riesce a vedere la realtà senza più la paura, l’angoscia e la tristezza. Ecco come il Signore può abitare le nostre tenebre e illuminarle, può davvero essere Vita nella nostra vita.
Chiediamo a Lui la grazia, in questo cammino pasquale, di tornare a illuminare i nostri occhi affinché possiamo vivere liberi dalla paura.
Visualizzo la scena provando ad immaginare il luogo, i personaggi, i dialoghi, i toni e i gesti.
Lascio che emergano i miei sentimenti, ciò che più mi colpisce, le emozioni che provo.
Accolgo il mio sentire, senza censure, senza giudizi.
Sappiamo che alla fine di questo suo viaggio, Gesù andrà incontro alla morte corporale. Eppure nelle immagini evangeliche di queste domeniche Gesù ci parla della vita, ce la dona. Che emozione provo nel ricevere tra le mani questo dono così fondamentale per me?
Nella mia giornata, nella mia vita, sono focalizzato sul capire come far sviluppare la vita che ho ricevuto affiché possa dare frutti o mi sento più condizionato dalla paura?
Quali paure mi rendono “cieco” e mi bloccano? Le affido al Signore?
Come se mi rivolgessi ad un amico, parlo con il Signore e con sentimento di gratitudine gli esprimo ciò che sento di ricevere da lui in questo momento.
Recito un Padre nostro per salutarlo e uscire dalla preghiera.
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