Il dono di Dio! – Vangelo di domenica 12 marzo
L’incontro tra Gesù e la Samaritana avviene nella solitudine. Entrambi sono stanchi, abbandonati, deboli. Entrambi hanno sete.
Scelgo di incontrare il Signore.
Mi concentro e vado oltre le mie preoccupazioni e i miei pensieri.
Faccio un segno di croce ed esprimo interiormente il desiderio di stare alla Sua presenza.
In quel tempo, Gesù disse ancora questa parabola per alcuni che avevano l’intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri:
«Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l’altro pubblicano.
Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: “O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo”.
Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: “O Dio, abbi pietà di me peccatore”.
Io vi dico: questi, a differenza dell’altro, tornò a casa sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato».
Eh no, non ci piacciono gli sbagli. Odiamo i nostri limiti. Quante volte ci ammaliamo lottando con noi stessi per essere perfetti o migliori degli altri. Quante volte finiamo per gareggiare invece che vivere autenticamente cercando solo di essere la versione migliore di noi stessi.
Dio non ci vuole in gara, ci vuole vivi. Ci vuole veri.
Per essere veri dobbiamo compiere un’importante svolta, quella dell’umiltà.
Essere umili non significa farsi umiliare, vivere frustrati e sempre ai margini dell’esistenza o nascosti. Non significa nemmeno essere superbi e pensare che come le facciamo bene noi le cose nessuno le sappia fare o che come soffriamo noi nessuno soffra. L’umiliazione è una forma di violenza verso sé stessi, la superbia verso gli altri. Il fariseo con la sua superbia diventa violento in quanto discrimina gli altri e li dis-umanizza ritenendoli inferiori a lui.
Essere umili significa essere consapevoli di sé stessi, dei propri limiti ma anche dei propri talenti e metterli a servizio degli altri, al servizio di Dio. Il pubblicano chiede aiuto a Dio per i propri limiti e facendolo vive in cammino, si mette al servizio. Il fariseo, invece, un cammino non ce l’ha, non lo vede perché si ritiene perfetto e nella sua perfezione gli manca una missione che non riesce a riconoscere.
L’umiltà è quella svolta umana che ci permette di sapere chi siamo, ci fa sentire responsabili di noi stessi. Non può esistere una svolta vocazionale senza aver raggiunto questa consapevolezza.
Cos’è un albero rispetto all’intera foresta? Eppure è necessario.
Cos’è il dito del palmo di una mano rispetto a tutto il corpo? Eppure è necessario.
Siamo tutti minuscoli tratti del volto di Dio. Eppure siamo essenziali.
Visualizzo la scena provando ad immaginare il luogo, i personaggi, i dialoghi, i toni e i gesti.
Lascio che emergano i miei sentimenti, ciò che più mi colpisce, le emozioni che provo.
Accolgo il mio sentire, senza censure, senza giudizi.
Come se mi rivolgessi ad un amico, parlo con il Signore e con sentimento di gratitudine gli esprimo ciò che sento di ricevere da lui in questo momento.
Recito un Padre nostro per salutarlo e uscire dalla preghiera.
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