La forza della sua presenza – Vangelo di domenica 21 maggio
Come è possibile credere, amare e dubitare? Come possono coesistere nello stesso cuore due dimensioni così contraddittorie?
Scelgo di incontrare il Signore.
Mi concentro e vado oltre le mie preoccupazioni e i miei pensieri.
Faccio un segno di croce ed esprimo interiormente il desiderio di stare alla Sua presenza.
Lungo il cammino verso Gerusalemme, Gesù attraversava la Samaria e la Galilea.
Entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi, che si fermarono a distanza e dissero ad alta voce: «Gesù, maestro, abbi pietà di noi!». Appena li vide, Gesù disse loro: «Andate a presentarvi ai sacerdoti». E mentre essi andavano, furono purificati.
Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce, e si prostrò davanti a Gesù, ai suoi piedi, per ringraziarlo. Era un Samaritano.
Ma Gesù osservò: «Non ne sono stati purificati dieci? E gli altri nove dove sono? Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all’infuori di questo straniero?». E gli disse: «Àlzati e va’; la tua fede ti ha salvato!».
Quanto è fragile questa vita. Basta davvero poco per trovarci dalla parte dei lebbrosi: nella morte e distanti dalla vita. Bastano le angosce, le paure e le solitudini per crollare nella disperazione e rivolgere a Dio il nostro grido!
Credenti o atei, nella disperazione, rivolgiamo tutti gli occhi al Cielo implorando di guarire dal dolore, di essere salvati dalla morte.
E Dio non ci lascia mai senza consolazione.
Tutti e dieci i lebbrosi vengono guariti, ma solo uno di loro si commuove e sente il bisogno di tornare indietro per ringraziare, per fare di quel dono ricevuto un vero incontro con Gesù.
La gratitudine è la strada da percorrere non solo per guarire, per calmare il pianto del momento ma per essere salvati. Il lebbroso ottiene la salvezza perché attraverso la gratitudine incontra affettivamente Gesù in un vero abbraccio e lo segue: “ora vai e non dimenticarti di quei tuoi nove fratelli che hanno anche loro bisogno di essere salvati”.
Non c’è lacrima versata che Dio non sappia tradurre in nuova vita, in nuova missione.
Dopo che siamo stati guariti, dobbiamo guarire.
Anche noi possiamo diventare suoi angeli.
Visualizzo la scena provando ad immaginare il luogo, i personaggi, i dialoghi, i toni e i gesti.
Lascio che emergano i miei sentimenti, ciò che più mi colpisce, le emozioni che provo.
Accolgo il mio sentire, senza censure, senza giudizi.
Come se mi rivolgessi ad un amico, parlo con il Signore e con sentimento di gratitudine gli esprimo ciò che sento di ricevere da lui in questo momento.
Recito un Padre nostro per salutarlo e uscire dalla preghiera.
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