La forza della sua presenza – Vangelo di domenica 21 maggio
Come è possibile credere, amare e dubitare? Come possono coesistere nello stesso cuore due dimensioni così contraddittorie?
Scelgo di incontrare il Signore.
Mi concentro e vado oltre le mie preoccupazioni e i miei pensieri.
Faccio un segno di croce ed esprimo interiormente il desiderio di stare alla Sua presenza.
In quel tempo, [dopo che ebbero crocifisso Gesù,] il popolo stava a vedere; i capi invece deridevano Gesù dicendo: «Ha salvato altri! Salvi se stesso, se è lui il Cristo di Dio, l’eletto».
Anche i soldati lo deridevano, gli si accostavano per porgergli dell’aceto e dicevano: «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso». Sopra di lui c’era anche una scritta: «Costui è il re dei Giudei».
Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!». L’altro invece lo rimproverava dicendo: «Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena? Noi, giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male».
E disse: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». Gli rispose: «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso».
In croce se ne vedono ben pochi di re. In croce Gesù vive e lì i suoi occhi sono aperti verso il mondo e le sue parole riescono ancora a salvare, a servire.
“Salva te stesso! Se sei Dio, salvati!”. La folla lo insulta e lo maltratta.
Ma Gesù è un re che non ha a cuore il potere e soprattutto non ha a cuore la propria salvezza. È qui che la folla si sbaglia. Persino nel dolore lancinante della croce Gesù non conosce egoismo, non gioca in difesa. Fino alla fine della sua vita terrena si fa testimone di un Dio che serve l’umanità ed è a servizio degli uomini, nonostante i loro limiti e peccati.
Ed ecco che una voce “rompe” l’atrocità di questa scena: “Noi giustamente ma lui, invece, non ha fatto nulla di male”. Le parole del secondo malfattore hanno il tocco di una carezza, sono balsamo di giustizia. La solidarietà si costruisce con piccoli gesti, con semplici sguardi, con giuste parole.
Non conta la sofferenza da cui proveniamo, gli errori che abbiamo commesso.
Conta il riconoscere Dio come Padre, come Re della nostra vita.
E come il secondo malfattore possiamo essere canonizzati, immediatamente.
Dio è un Re che ha profondamente a cuore la nostra vita.
Visualizzo la scena provando ad immaginare il luogo, i personaggi, i dialoghi, i toni e i gesti.
Lascio che emergano i miei sentimenti, ciò che più mi colpisce, le emozioni che provo.
Accolgo il mio sentire, senza censure, senza giudizi.
Come se mi rivolgessi ad un amico, parlo con il Signore e con sentimento di gratitudine gli esprimo ciò che sento di ricevere da lui in questo momento.
Recito un Padre nostro per salutarlo e uscire dalla preghiera.
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