Il dono di Dio! – Vangelo di domenica 12 marzo
L’incontro tra Gesù e la Samaritana avviene nella solitudine. Entrambi sono stanchi, abbandonati, deboli. Entrambi hanno sete.
Scelgo di incontrare il Signore.
Mi concentro e vado oltre le mie preoccupazioni e i miei pensieri.
Faccio un segno di croce ed esprimo interiormente il desiderio di stare alla Sua presenza.
In quel tempo, Gesù dalla Galilea venne al Giordano da Giovanni, per farsi battezzare da lui. Giovanni però voleva impedirglielo, dicendo: «Sono io che ho bisogno di essere battezzato da te, e tu vieni da me?». Ma Gesù gli rispose: «Lascia fare per ora, perché conviene che adempiamo ogni giustizia». Allora egli lo lasciò fare.
Appena battezzato, Gesù uscì dall’acqua: ed ecco, si aprirono per lui i cieli ed egli vide lo Spirito di Dio discendere come una colomba e venire sopra di lui. Ed ecco una voce dal cielo che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento».
C’è un filo sottile che lega la nascita di Gesù al Vangelo di oggi. Passano 30 anni in cui Gesù vive una vita normale all’interno di una famiglia apparentemente ordinaria. Fino ad oggi, sembra quasi tutto normale nella sua vita.
Infatti, il desiderio di Gesù di farsi battezzare, sorprende anche Giovanni il Battista, suo cugino.
Proprio lui che è sostanza diretta del Padre, senza peccati, vuole immergersi nel fiume. Perché?
Perché oggi qualcosa cambia nella vita di Gesù. Ha raggiunto l’età adulta è ed il momento giusto per assumersi la piena responsabilità della propria vita. Solo oggi, il Figlio di Dio è pronto a dare forma alla sua chiamata e lo fa con lo stesso rito con cui i primi cristiani stanno scegliendo la strada del Signore e dicendo il loro “sì”.
Gesù ora è pronto a separarsi dai suoi affetti più cari per individualizzarsi come uomo, per esprimere la sua identità, per realizzare la volontà di Dio nella propria vita e abbracciare la sua missione.
Gesù è Figlio di un Dio che di nuovo, come alla sua nascita, si fa umile tra i bisognosi, cibo per gli affamati. Proprio nel giorno in cui inizierà la sua vita pubblica, Gesù decide di farsi pellegrino tra i pellegrini. Prima di diventare Maestro, prima di essere colui che indicherà la strada, vuole essere colui che si immerge nella strada, nella polvere dei marciapiedi dei peccatori, dei lontani, degli smarriti.
Oggi Dio si incarna di nuovo nella vita dell’umanità facendosi prossimo e vicino.
È questo suo farsi uomo tra gli uomini col il desiderio di far fiorire la loro umanità che lo rende un Dio credibile.
Visualizzo la scena provando ad immaginare il luogo, i personaggi, i dialoghi, i toni e i gesti.
Lascio che emergano i miei sentimenti, ciò che più mi colpisce, le emozioni che provo.
Accolgo il mio sentire, senza censure, senza giudizi.
La missione a cui Dio ci chiama, ha a che fare con la nostra storia. Tutto parte da chi siamo, dalle mancanze, dalle ferite che abbiamo vissuto ma anche dai doni e dalle capacità che abbiamo sviluppato. Quale dono, talento, capacità mi riconosco?
Come Gesù, oggi, mi sento pronto ad abbracciare la mia missione?
Che emozione provo nel realizzare che Dio, attraverso Gesù, si è incarnato nella mia storia per farsi prossimo e vicino, per indicarmi la strada come Padre amorevole e misericordioso?
Come se mi rivolgessi ad un amico, parlo con il Signore e con sentimento di gratitudine gli esprimo ciò che sento di ricevere da lui in questo momento.
Recito un Padre nostro per salutarlo e uscire dalla preghiera.
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